Thursday, October 1, 2009

Censori in piazza

In questi giorni si discute aspramente sulla libertà di informazione nel nostro paese. Sabato prossimo a Roma ci sarà la manifestazione organizzata dal FNSI, il sindacato unitario dei giornalisti. L’aspetto che più colpisce è l’eterogeneità dei partecipanti, non uno o più colori politici ma, soprattutto, un alto tasso di senso civico su un aspetto delicatissimo del vivere in un sistema  democratico. L’informazione in Italia non se la passa bene, questo è un dato confermato anche dal numero elevatissimo di quotidiani e la scarsità di notizie vere e proprie offerte. Ciò che sta più a cuore è la libertà di poter informare, certo. Ma non basta. Carlo Freccero sul blog di Rai 4 fa luce su un aspetto da non sottovalutare. La questione: poco tempo fa sul quotidiano La Repubblica (uno dei protagonisti del dibattito sulla libertà di informazione) si invocano interventi censori nei confronti della programmazione di Rai 4. Fiction e anime promosse dal palinsesto della quarta rete Rai presente sul digitale terrestre, risultano non adatte al servizio pubblico. La nota pubblicata da Freccero mostra come atteggiamenti conservatori, che in alcuni casi sfociano nella censura vera e propria, provengono dall’ala che si reputa “progressista”. Freccero si chiede provocatoriamente perché le nuove generazioni non trovano quegli spazi per poter interagire con quelle realtà politiche e culturali “di sinistra” e ripiegano invece su Berlusconi? Perché quegli spazi sono occupati da altri, invocare un’azione di censura “normalizzatrice” che appiattisca i contenuti di Rai 4 a quelli degli altri canali del servizio pubblico, sembra voler essere l’ennesima chiusura a riccio nei confronti della realtà. Oltretutto è è evidente la contraddizione di come poter essere in piazza a difendere (e aumentare) la libertà di informazione e poi porre divieti, per altro senza alcuna conoscenza dell’immaginario collettivo attuale. Oggi l’intrattenimento si rivolge sempre più alle serie televisive (e meno al cinema), alla complessità delle narrazioni, ai manga e agli anime, ai contenuti controversi. Perché il servizio pubblico dovrebbe essere escluso a priori? Perché lasciare tutto questo agli altri? Perché non mettersi in gioco? I sostenitori del digitale terrestre sostengono che l’ampliamento degli spazi possa permettere maggiore pluralità nella comunicazione di contenuti, a mio parere la Rai dovrebbe poter sfruttare questa opportunità diversificando la programmazione, aprendo così nuove strade. Ma per ora, la strada intrapresa sembra essere un’altra.

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